CITAZIONE (mujesan @ 22/2/2017, 17:23)
Nel lontano 1990 avevo una bellissima Honda NSR 125f 2 tempi stradale con la bellezza di 31 cv...ora per motivi a me ignoti le 125 omologate per uso stradale non possono avere più di 15 cv.
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Ode al Mach 3
"La 4T si nutre di verde, ma lui no", mi dice.
Si riferisce alle 2T, che della moto 4T hanno circa le stesse dimensioni, ma essendo motori perennemente assetati e poco lubrificati, per nutrirsi avrebbe bisogno di una pompa dell'olio. Un problema, nei motori 2T, dove il carter aperto è solo un progetto senza futuro.
"Ha sempre sete, è sempre in caccia di mezzi da sverniciare. Con quelle espansioni e quei rapporti di compressione può attaccare e vincere qualunque preda. Anche un nemico come le prime Ducati, quando se lo trovava di fronte al tempo dei "manici" che gli davano la caccia. Uno dei punti più battuti era laggiù, lungo i sessanta Km chiamati passo del Muraglione".
Dicendo "laggiù" l'uomo che mi sta parlando indica il tratto di strada che oltre questa collina appenninica, è subito tutte curve.
Qui le strade sono fitte di curve frequentate da postini, gente del posto con il ginocchio foderato di kevlar. E di ristoranti, posti di blocco, foglie, dove affluiscono motards da tutta l'emilia e la toscana.
La stagione è ancora buona, in questi giorni. Le vie continuano a essere popolate dalla multicolore fauna dei piloti; chi non è al mare, sale le colline alle spalle del centro abitato. Molti raggiungono, nel verde, l'antica taverna per ristorarsi.
Nelle stagioni di migrazioni, i fermoni passavano di qui a centinaia.
All'ingresso del percorso, mi accoglie un immenso panorama verde: una Mach 4 tirata a lucido, brillante sotto il sole. Non resisto alla tentazione di farmi fotografare accanto a lei, e questo suscita il riso di chi osserva la scena: un vecchietto seduto all'ombra degli alberi, poco lontano. Lo avevo già visto in questa zona, ora lo avvicino, cominciamo a parlare e andiamo avanti a lungo, perché lui "sa tutto" di questo tratto di strada e dei suoi ingombranti migratori.
Di loro - questi pazzi che corrono al filo della morte - non vede l'ora di parlarne con chi si interessa all'argomento.
Aveva già intuito il mio interesse per l'argomento quando, mezz'ora prima, m'aveva visto in contemplazione di una splendida RG500 colorazione HB, mentre sostavo davanti alla vetrina dove sono esposti grossi panini farciti.
Ha preso lo spunto da quella mia curiosità per raccontarmi di suo "papà motociclista".
"Io lo sogno quasi ogni notte" mi confida, cambiando tono a bruciapelo: e aggiunge:
"Morì in un giorno di fine anni 20 dando la caccia a una Scott 600cc raffreddata a liquido, schiantandosi con la sua Garelli".
Lo lascio evocare, forse inventare senza interromperlo, mi sembra d'ascoltare la lettura d'una pagina di Melville. Fissandomi negli occhi, dai quali non traspare nessuna emozione racconta parlando sottovoce.
"Dopo essere stato superato e trascinato in bagarre, immagino che Fred, mio nonno, sia stato spinto a correre dallo stesso sfidante.
Fred riuscì finalmente superarlo, rivide l'emozione della vittoria Italiana, e forse si ritenne in salvo. Invece nello stesso istante, sotto di lui, egli sentì la perdita di aderenza che lo avrebbe ucciso, infida e fulminea come quella che tu hai osservato tante volte nelle gare di motoGP. Il poveraccio non ebbe nemmeno il tempo di terrorizzarsi, la moto scivolò via, il ciglio del burrone si fece vicinissimo, Fred volò. Così raccontarono i suoi compagni evocando quel momento, quando urlavano d'orrore e lo cercavano nel dirupo, aggrappati a quanto restava d'una speranza finita a pezzi. La morte era accanto a loro e questo li gettava nel panico. Ma la sfortuna non colpì ancora, la sua ondeggiante strada fu proseguita a ritmo lento, il suo corpo fu trovato, ancora sporco di quella sabbia che aveva provocato la sua fine".
Mi indica una di quelle armi da corsa, vecchie solo di trent'anni già paiono preistoriche; è appoggiata sul cavalletto laterale, accanto a un nuovo mostro a 4 tempi, dove uno scintillante terminale in acciaio ammicca deformando l'immagine specchiata della vecchia e temibile 2 tempi.
"Forse quei temerari riuscirono a liberarsi dalla paura, a costo di una dura sofferenza. E questo dolore fu una iniezione di odio per gli scomposti, piccoli esseri che già ai tempi giravano inscatolati e guardavano ai motards come a dei poveri pazzi. Odio cresciuto in loro, nel tempo, perché altri uomini cercarono più volte la libertà."
Il vecchio narratore aggiunse:
"Lei non sa quali profonde ferite cicatrizzate presentavano nel cuore e nei ricordi certi uomini catturati dai tempi eroici delle prime caccie alla velocità. Lo documenta una mia raccolta di fotografie, la lascerò in eredità all'archivio del Museo (ndr- così chiamava la piccola locanda in cui i motociclisti si fermavano a rifocillarsi), foto di mezzi che sembra incredibile siano sopravvissuti a tremendi, devastanti colpi legislativi. E una di quelle vecchie immagini reca una didascalia a penna 'La bestia che uccise Fred', forse la scrisse un suo compagno d'avventura".
Continua a narrare immaginando le vecchie 2T ferite da leggi assurde che cercano scampo in profondità, fuggono nel buio dei garage di pochi appassionati e s'accorgono che restando immobili, il dolore di non poter più correre diminuisce, poco a poco, e anche la voglia di far sentire ancora la loro rauca voce.
"Quando riemersero da tali oscuri recessi, se riemersero, quelle bestie avevano la ruggine addosso; erano deboli, lente nei movimenti. Si resero conto d'essere sopravvissute, ma non di quanto la loro vita sarebbe stata diversa da quel momento. Non percepirono d'aver varcato il confine che nessun mezzo meccanico difficilmente riesce a percepire: l'inizio della decadenza, della vecchiaia.".
Riflette un istante, poi: "Io, per esempio, non m'accorsi del momento in cui da uomo maturo divenni un anziano, fuori gioco. Un mezzo indebolito e vecchio può credere d'essere ancora invincibile nei suoi attacchi alle prede e d'esser ancor temuto degli altri.
Il branco lo rispettava, ovviamente, anche se lo riconosceva non solo per l'eco del richiamo sonoro che emetteva, minaccia o proposta di pacifici giri, ma per i profondi lamenti quando le vecchie cicatrici degli anni tornavano a infliggergli fitte di dolore e perdite di colpi. Una delle tante tumefatte sul suo corpo, là dove s'erano conficcati grani di acciaio per colpa di un pazzo che la trascurava. Vecchie ferite che rallentavano i suoi guizzi d'attacco, e intanto le sue forze scemavano con il trascorrere del tempo, il motore invecchiava, giorno dopo giorno. E di certo la forza che in un giorno lontano aveva vinto su tanti altri corridori, non era più grinta lucente.
Il cilindro in ghisa che assieme al suo gemello aveva rombato nel sole quando aveva superato, non era più un'arma invincibile. Non s'era spezzato né era rigato; ma il suo spingere era senza vigore, doveva accontentarsi di raggiungere e superare prede sempre più piccole. Io non so dove vada a morire un re della strada, quando sente d'essere incapace a sopravvivere. I vecchi motociclisti parlavano d'un cimitero delle 2 tempi, in un sobborgo di una grande città.".
Mi indicò il lucente motore appeso al telaio esposto al sole:
"Quello è un eccezione. Gli altri, centinaia, migliaia, giacciono chissà dove, accatastati nel buio e nell'oblio.".
Pronuncia queste parole in un tono di voce diverso da quello brillante sin qui tenuto. La voce è incrinata, ma non d'emozione; mi è sembrata d'invidia o forse di rammarico. Nascondeva il desiderio inappagabile di finir anche lui, un giorno, nel mitico cimitero dei motori gloriosi.